Una perdita di oltre due miliardi di euro per la catena logistica ferroviaria del trasporto merci. Sarebbe questa l’esorbitante cifra che quantifica il grave danno economico causato dal cedimento della linea ferroviaria a Rastatt, in Germania, avvenuto la scorsa estate.
È quanto evidenzia uno studio realizzato dalla società Hanseatic Transport Consultancy per conto delle associazioni ferroviarie European Rail Freight Association, Netzwerk Europäischer Eisenbahnen e International Union for Rail-Road Combined Transport, specificando che perdite per 969 milioni di euro sono state registrate dalle società ferroviarie e logistiche, per 771 milioni nel settore manifatturiero e per altri 308 milioni di euro in altri comparti d’attività, tra cui quelli delle società di gestione delle infrastrutture e degli operatori dei terminal.
Il report precisa che questi danni sono stati causati dalla necessità di individuare linee alternative di trasporto e da una crescita dei costi, in quanto non erano disponibili piani di emergenza né linee ferroviarie alternative praticabili, e denuncia che l’interruzione a Rastatt dimostra l’assoluta inadeguatezza del coordinamento delle attività e dei progetti di costruzione di infrastrutture.
«Ci è voluto parecchio tempo perché si capisse che il caso Rastatt andava considerato uno tsunami, capace di stravolgere i mercati», commenta Federico Prestileo, consigliere del Propeller Club Milano e presidente di Effepierre Multiservizi. «L’incredibile smottamento dei binari tedeschi – continua – ha letteralmente rivoltato una parte importante dell’economia dei trasporti e degli acquisti di merci. L’asse Nord Europa-Italia ne è uscito davvero male e non solo per gli oltre due mesi di inattività della linea, ma soprattutto per gli equilibri che sono stati spostati. La clientela non poteva certo restare ad aspettare che le ferrovie tedesche risolvessero l’increscioso evento che di fatale, secondo me, ha ben poco, così da decidere di approvigionarsi per le materie prime non più nel triangolo Germania-Olanda-Belgio, ma principalmente in Francia, facendo la fortuna di siti industriali quali quello di Berre l’Etang, vicino Marsiglia. Solo le organizzazioni flessibili con partnership paneuropee sono riuscite a riposizionarsi velocemente, rafforzando le collaborazioni via strada per la movimentazione di prodotti in polvere come il pvc e di liquidi, ma è indubbio che l’autogol tedesco è stato davvero grave (e non solo per loro) e ci vorrà parecchio tempo per ricomporre gli equilibri e ritornare a rivedere i nomi del passato e linee forti nell’asse Nord Europa Italia. Non ci fa piacere, ma cerchiamo di trovare il lato positivo della cosa: si è aperto un nuovo mercato, speriamo si possano anche raggiungere presto gli ex volumi “del Nord”».